La proposta di legge per la regolamentazione delle locazioni brevi

INTRODUZIONE AL TESTO

1) I principi fondamentali (definiti dal “comitato ristretto”)

1. Limitare il numero degli immobili dati in locazione breve per contenere le ricadute negative sul mercato delle locazioni residenziali di lungo periodo 

2. Applicare le limitazioni anche a quanti già svolgono attività di locazione breve, dal momento che i soli vincoli pro futuro sarebbero insufficienti, limitandosi a “fotografare” la situazione attuale già insostenibile 

3. Attribuire ai comuni la facoltà – e non l’obbligo – di introdurre tali limitazioni, sulla base di un regime di autorizzazione delle locazioni brevi 

4. Lasciare al comune una certa autonomia nella concreta individuazione delle limitazioni, eventualmente anche differenziandole per zone, pur nel rispetto dei criteri e dei principi generali posti dalla legge 

5. Evitare l’aggregazione di autorizzazioni in capo a un singolo soggetto, secondo il principio “un proprietario = un’autorizzazione”, valorizzando così la funzione di integrazione al reddito dell’attività di locazione breve 

6. Garantire comunque l’esercizio, al di fuori di regimi di autorizzazione, delle attività che non hanno un impatto significativo sulla residenzialità e possono ricondursi alla nozione originaria di sharing economy, ossia: locazione breve di singoli locali nell’immobile di residenza oppure dell’immobile di residenza nei periodi in cui non lo si occupa (per un massimo di 90 giorni) 

2) Spiegazione di alcuni profili tecnico-giuridici 

La scelta di intervenire sul fenomeno attraverso un contingentamento delle locazioni brevi e non, come suggerito da altre proposte, con strumenti urbanistici (ad es. necessità di cambio di destinazione d’uso per fare continuativamente locazione breve, ecc.) ha una duplice ragione: in primo luogo, l’intervento urbanistico non permette di introdurre un “tetto massimo” alle locazioni brevi e non consente pertanto di stabilire un limite oltre il quale la sottrazione di case alla residenzialità diviene socialmente insostenibile; in secondo luogo, eventuali interventi urbanistici vincolerebbero solo quanti volessero avviare un’attività di locazione breve in futuro, lasciando privi di vincoli quanti già hanno avviato legittimamente la propria attività. In definitiva, gli interventi sul piano urbanistico consentirebbero (forse) di evitare che la situazione attuale, già compromessa, peggiori ulteriormente, ma non potrebbero tentare di reimmettere sul mercato residenziale immobili che sono al momento già offerti in locazione breve. 

La disciplina comporta una limitazione della proprietà privata e dell’iniziativa economica privata (artt. 42 e 41 Cost.), materia coperta da riserva di legge relativa, e pertanto la proposta è tenuta ad indicare i principi cui il comune deve conformarsi per individuare con proprio regolamento la disciplina di dettaglio (in particolare i principi per la definizione del numero massimo di locazioni brevi). Nella proposta si è ipotizzato, come riferimento prioritario per definire la soglia, il rapporto tra posti letto negli immobili che si danno in locazione breve e i residenti, in modo da mantenere, a livello comunale, un rapporto accettabile di pressione turistica sul mercato residenziale. Il computo dei posti letto consente in particolare di avere una rappresentazione plastica degli spazi sottratti alla residenzialità. Gli altri elementi indicati per la definizione della soglia (v. art. 1, comma 3) concorrono a misurare la pressione turistica sulla zona e sull’abitare in generale e consentono l’integrazione di ulteriori finalità di interesse pubblico (ad es. tutela del patrimonio storico artistico). La clausola aperta di cui alla lett. f) serve a permettere ai comuni di prendere in considerazione, laddove lo ritengano opportuno, anche elementi di più complessa e difficile valutazione, come ad esempio l’impatto sui prezzi degli affitti o di acquisto degli alloggi (che richiedono indagini che probabilmente non tutti i comuni sono in grado di elaborare o commissionare) oppure una valutazione dell’espulsione di residenti prodotta dalla difficile convivenza in contesti condominiali. 

La disciplina restringe, in maniera artificiale, il numero di immobili che possono essere offerti in locazione breve e quindi l’accesso al relativo mercato. I soggetti abilitati a concludere questo tipo di contratti non possono pertanto essere scelti una volta per tutte né si può cristallizzare la situazione attuale così com’è, altrimenti si potrebbe configurare un’illegittima restrizione alla concorrenza e una discriminazione irragionevole tra proprietari che aspirano a locare il proprio immobile per brevi periodi (e in particolare tra chi già affitta e chi non ha ancora avviato l’attività). 

È dunque necessario: 

a) prevedere una “durata limitata adeguata” dell’autorizzazione (art. 12.2 direttiva servizi): si introduce pertanto un limite di 5 anni, che consente al proprietario di rientrare di una buona parte dell’investimento (specie se l’attività è già avviata da anni), ma al tempo stesso assicura un ricambio frequente dei beneficiari e, potenzialmente, ben si coniuga con la destinazione dello stesso immobile a locazione residenziale a canone concordato qualora il proprietario non ottenga l’autorizzazione (ossia il cd. “contratto 3+2”, con i benefici fiscali connessi). 

b) assegnare l’autorizzazione a esercitare la locazione breve sulla base di una “procedura di selezione dei candidati potenziali” (art. 12 direttiva servizi): la decisione avrebbe potuto essere rimessa in toto al comune, nel rispetto dei principi posti dal diritto dell’Unione europea; oppure si possono indicare ulteriori principi a livello statale per orientare la scelta. Si è voluto tuttavia valorizzare “obiettivi di politica sociale” (art. 12.3 dir. servizi) nella scelta, ossia favorire l’attitudine della locazione breve a fungere da fonte di integrazione al reddito: alla luce di questa considerazione, si sono indicati quali principi direttivi per il comune quello della rotazione tra i beneficiari (nel senso che vanno preferiti di volta in volta i candidati che non hanno già ottenuto in precedenza un’autorizzazione) e la più ampia distribuzione tra i richiedenti (nel senso che si deve tendenzialmente evitare che un singolo soggetto – persona fisica o giuridica – raccolga più autorizzazioni in relazione a più immobili). 

La scelta di rimuovere ogni riferimento a regolamenti dell’esecutivo e passaggi in Conferenza unificata (presenti in altre proposte; v. ad esempio proposta Pellicani-De Giorgi) si spiega: 

a) con la volontà di evitare un ulteriore passaggio che spesso impedisce l’applicazione di leggi già approvate (il numero di regolamenti di attuazione non adottati è davvero significativo); 

b) con il fatto che lo Stato esercita, in questo caso, proprie competenze esclusive in materia di “ordinamento civile” (in quanto limita la facoltà dei proprietari di concludere contratti di locazione dell’immobile, restringendo i diritti proprietari; art. 117, comma 2, lett. l) Cost.), “tutela della concorrenza” (in quanto restringe l’accesso al mercato delle locazioni brevi; art. 117, comma 2, lett. e) Cost.) e, seppur in via marginale, “tutela dei beni culturali” (in quanto tutela, di riflesso, la vitalità dei centri storici; art. 117, comma 2, lett. s) Cost.). Non è quindi costituzionalmente richiesto il coinvolgimento delle Regioni né tanto meno degli enti locali (cui è lasciata peraltro ampia autonomia nelle scelte attuative). In particolare, questa proposta non incide sulla materia “governo del territorio” (art. 117, comma3 Cost.), non andando a interessare – tra l’altro – né la disciplina delle destinazioni d’uso né la localizzazione o i presupposti urbanistici delle attività di locazione breve (che rimangono quelli attuali; per cui, si ribadisce, non è chiamata in causa la competenza concorrente delle Regioni). Diverso è il discorso per il comma 10, che interferendo con la disciplina delle strutture ricettive extra-alberghiere, esige una previa intesa del Comune con le Regioni di riferimento, le quali godono di competenza residuale (in materia di turismo, art. 117, comma 4, Cost.). L’attrazione al livello statale (di una parte ridotta) della disciplina mira qui ad impedire che discipline regionali che liberalizzano l’esercizio di strutture extra-alberghiere in civile abitazione compromettano la realizzazione delle finalità della legge statale. In queste ipotesi infatti, la limitazione delle locazioni brevi comporterebbe verosimilmente un “travaso” di tali attività nelle strutture extraalberghiere liberalizzate quanto alla destinazione d’uso. Comprendere anche tali attività nella soglia massima evita questa controindicazione. La scelta di introdurre la possibilità di soglie/limiti a livello di zone e non necessariamente dell’intero comune è volta a tenere conto non solo della distribuzione non omogenea delle locazioni brevi che caratterizza attualmente le città, con i centri storici e le aree turistiche che presentano una pressione sul mercato delle locazioni residenziali di lunga durata assai maggiore rispetto alle zone periferiche della città (i casi di Venezia e Firenze sono esemplari in questo senso); ma anche dell’impatto più ampio di tali attività su interessi ulteriori, quali la riduzione della pressione turistica, la circolazione stradale e pedonale, la tutela e fruizione di beni culturali e delle aree pubbliche. La scelta di circoscrivere l’iniziativa ai comuni ad alta tensione abitativa garantisce la proporzionalità dell’intervento in astratto e fornisce un sicuro aggancio normativo, senza la necessità di elaborare nuovi, complessi criteri di selezione dei comuni interessati. Il rinvio all’art. 8 l. n. 431 del 1998 consente di richiamare, a loro volta, le ulteriori previsioni di legge interessate (d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. in legge) e i provvedimenti amministrativi rilevanti (delibere del CIPE, ora CIPESS). 

3) Spiegazione di alcune scelte redazionali 

- L’inciso “al fine di…lunga durata” è tratto dalla versione italiana della sentenza della Corte di Giustizia - C724/18 Cali Apartments, nella quale si è ritenuta compatibile con il diritto dell’Unione europea la normativa francese in materia (per molti tratti analoga a quella che proponiamo). Si conservano queste parole perché consentono di dimostrare con chiarezza l’esistenza di un “motivo imperativo di interesse generale” per l’introduzione di un regime di autorizzazione (ai sensi della direttiva servizi); 

- La scelta definitoria di cui al comma 2 è legata alla necessità di evitare interpretazioni restrittive o capziose in sede applicativa, volte a escludere arbitrariamente dall’applicazione della legge alcuni segmenti delle locazioni brevi; 

- La precisazione di cui al comma 9 “Restano fermi…” è volta a chiarire in modo netto che anche le locazioni brevi consentite senza previa autorizzazione devono rispettare tutti gli oneri informativi previsti da leggi statali e regionali; questo al fine di assicurare il controllo sul rispetto dei limiti e su possibili comportamenti elusivi, che sarà semplificato dall’adozione del Regolamento UE relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine. 

- La scelta di cui all’art. 3, comma 3, di abrogare l’art. 37-bis d.l. n. 50/2022 (cd. emendamento Pellicani) è legata alla necessità di consentire anche al Comune di Venezia di intervenire con gli strumenti più pervasivi previsti dalla proposta. Si conserva vigente il regolamento comunale che dovesse essere approvato frattanto al fine di garantire almeno i vincoli da questo introdotti fino all’approvazione di un nuovo regolamento. 

IL TESTO DELLA PROPOSTA 

ART. 1 - INSERIMENTO DELL’ARTICOLO 8-BIS - DISCIPLINA AMMINISTRATIVA DELLE LOCAZIONI BREVI NEI COMUNI AD ALTA TENSIONE ABITATIVA

ART. 2 - MODIFICA DELL’ARTICOLO 12 DELLA LEGGE 9 DICEMBRE 1998 N. 431 - OSSERVATORIO DELLA CONDIZIONE ABITATIVA 

ART. 3 - NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 1 - Inserimento dell’articolo 8-bis - Disciplina amministrativa delle locazioni brevi nei comuni ad alta tensione abitativa. 

1. Dopo l’articolo 8 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 è inserito il seguente: «Art. 8-bis - Disciplina amministrativa delle locazioni brevi nei comuni ad alta tensione abitativa. 1. I Comuni capoluogo di provincia e i Comuni ad alta tensione abitativa di cui all’articolo 8, al fine di contrastare la scarsità di alloggi destinati alla locazione residenziale di lunga durata, possono stabilire, con proprio regolamento, la soglia massima di unità immobiliari ad uso abitativo che possono essere oggetto di locazione breve ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. 

2. Ai limitati fini del presente articolo, sono locazioni brevi anche i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore ai trenta giorni stipulati da persone giuridiche ovvero da persone fisiche o giuridiche nell’esercizio di attività di impresa. 

3. La soglia di cui al comma 1 è stabilita in modo differenziato tra specifiche zone del territorio comunale, avuto riguardo, in particolare, per: a) il rapporto tra il numero di posti letto nelle unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione breve e l’attuale popolazione residente nella zona considerata; b) la distribuzione delle strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere; c) la presenza di attrattive turistiche; d) le caratteristiche morfologiche del tessuto urbano; e) il particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico della zona, anche al fine di tutelare il patrimonio storico e artistico della Nazione ai sensi dell’articolo 9, secondo comma, della Costituzione; f) ogni altro elemento utile per valutare l’impatto, diretto o indiretto, della diffusione delle locazioni brevi sulla disponibilità di alloggi a prezzo accessibile e sulla residenzialità, anche in termini qualitativi, nella zona considerata. 

4. Il Comune individua le zone di cui al comma 3 o sulla base della classificazione presente negli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti o attraverso l’elaborazione di un piano di zonizzazione per le locazioni brevi. 

5. I Ministeri interessati, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano trasmettono ai Comuni i dati necessari per le finalità di cui ai commi 1, 3 e 4. Per le medesime finalità di cui ai commi 1, 3 e 4, la banca dati di cui all’articolo 13-quater, comma 4, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni nella legge 28 giugno 2019, n. 58 è accessibile ai Comuni. 

6. La soglia di cui al comma 1 è aggiornata ogni cinque anni in considerazione dell’andamento della popolazione residente e degli altri elementi presi in considerazione ai sensi del comma 3. 

7. Fino al raggiungimento della soglia di cui al comma 1, la facoltà di concludere contratti di locazione breve è subordinata al rilascio all’aspirante locatore di un’autorizzazione di durata quinquennale. 

8. Nel rispetto dei principi del diritto dell’Unione europea, il regolamento comunale di cui al comma 1 stabilisce i criteri e le modalità per l’assegnazione delle autorizzazioni, favorendone la rotazione tra i beneficiari e la più ampia distribuzione tra i richiedenti. A tal fine, il Comune può stabilire che allo stesso soggetto non siano attribuite più autorizzazioni. 

9. Resta consentita, senza previa autorizzazione, la locazione breve della residenza principale del locatore per una durata massima fissata dal regolamento comunale di cui al comma 1, comunque non superiore a novanta giorni all’anno. Resta altresì consentita la locazione, senza limiti temporali, di un singolo locale nella residenza principale del locatore. Le unità immobiliari ad uso abitativo che possono essere oggetto di locazione breve ai sensi del presente comma non sono computate per determinare la soglia massima di cui al comma 1. Restano fermi gli obblighi di comunicazione stabiliti ai sensi dell’articolo 13-quater, comma 4, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni nella legge 28 giugno 2019, n. 58, dalle leggi regionali e provinciali in materia e da ogni altra disposizione rilevante. 

10. Previa intesa con la Regione o la Provincia autonoma di appartenenza, il Comune può definire la soglia di cui al comma 1 anche con riferimento alle unità immobiliari ad uso abitativo che possono essere destinate all’esercizio di strutture ricettive extra-alberghiere, laddove per le stesse non è richiesta ai sensi della disciplina di riferimento la destinazione d’uso turistico-ricettiva. Si applicano i commi 3, 4, 5, 6, 7 e 8. 

Art. 2 - Modifica dell’articolo 12 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 – Osservatorio della condizione abitativa 

1. All’articolo 12 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 è inserito il seguente comma: 

«2. Ogni ventiquattro mesi l’Osservatorio della condizione abitativa adotta una relazione sullo stato di attuazione della presente legge con particolare riferimento agli articoli 8 e 8-bis». 

Art. 3 - Norme transitorie e finali 

1. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge il CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e sviluppo sostenibile) procede all’aggiornamento dell’elenco dei comuni di cui all’art. 8, comma 1, della legge 9 dicembre 1998 n. 431. 

2. I Comuni possono richiedere l’inserimento all’interno dell’elenco dei comuni ad alta tensione abitativa attraverso comunicazione al CIPESS. 

3. È abrogato l’art. 37-bis del decreto legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2022, n. 91. Le disposizioni attuative adottate dal Comune di Venezia ai sensi dell’art. 37-bis del decreto legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, restano comunque vigenti fino all’entrata in vigore del regolamento comunale di cui all’art. 8-bis della legge 9 dicembre 1998, n. 431. 





Commenti